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La sigillatura dei molari

Di solito le domande mi arrivano dalle mamme, sono loro che più spesso portano i bimbi in studio. Ma qualche volta, come oggi, il quesito viene posto da un papà.
Perché fare la sigillatura?
Semplice: per prevenzione.
La sigillatura dei solchi dei primi molari permanenti va effettuata poco dopo che questi sono spuntati, di solito intorno ai sei anni di età. Il procedimento consiste nella chiusura delle fessure dei denti utilizzando una speciale resina, al fine di impedire che la placca si accumuli all’interno, favorendo lo sviluppo di carie .
I primi molari , bisogna dirlo, appena spuntati sono piuttosto fragili. Dipende da una caratteristica anatomica: oltre ad avere solchi più profondi e più difficili da pulire rispetto ai denti decidui , lo smalto che li riveste non è ancora completamente sviluppato, si mineralizza completamente nel corso dei successivi tre anni, rendendoli, come dicevo, particolarmente vulnerabili alle carie. Inoltre, questi molari sono spesso di difficile accesso per l’igiene orale , specialmente per i bambini più piccoli.

Un altro fattore che contribuisce al rischio di carie è che questi denti, immediatamente dopo la loro eruzione, non vengono subito coinvolti nella masticazione, il che può portare all’accumulo di placca.
La procedura di sigillatura è relativamente semplice, ma richiede un rigoroso protocollo. È essenziale verificare inizialmente l’assenza di carie già presenti. Inoltre, è importante agire in un ambiente completamente asciutto, avvalendosi di una diga di gomma , una sorta di protezione in lattice ideale per prevenire distacchi o infiltrazioni.

E’ importante ricordare che la sigillatura va ripetuta quando spuntano i secondi molari, generalmente intorno ai dodici anni di età.

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L’alitosi nei più piccoli

Una mamma mi porta il suo bimbo in studio. E’ preoccupata dal cattivo odore che proviene dalla bocca di suo figlio.
Sì, avete capito bene, si tratta di una caso di alitosi , un fenomeno sgradevole che può manifestarsi anche nei più piccoli.
Quali possono essere le cause?

Beh, nei primi due anni di vita il problema può essere causato, ad esempio, dalla crescita dei denti da latte .
In altri casi, responsabili possono essere anche delle patologie. Le elenco:

Gastroenteriti, parassiti intestinali e stitichezza possono portare all’emissione di gas attraverso la respirazione. Di norma, di concerto con il pediatra , consiglio l’uso di antiparassitari o antibiotici, fermenti lattici e diete ricche di fibre.

Tonsilliti e infezioni respiratorie possono provocare l’accumulo di pus maleodorante nei cripti tonsillari. Anche in questo caso, sempre in contatto con il pediatra, consiglio un trattamento antibiotico.

Qualora la causa sia l’acetone segnalo al pediatra la necessità di una una dieta.

La causa più comune dell’alitosi resta però la cattiva igiene orale . Alcuni bambini non amano lavarsi i denti , lo fanno di malavoglia e con pressapochismo.
In questo caso consiglio ai genitori le tecniche più adeguate in base all’età del bambino e alla sua manualità.

Nei primi due anni di vita, è importante pulire la bocca del bambino dopo l’allattamento al seno o al biberon per evitare accumuli batterici. Alla comparsa dei primi dentini, si può utilizzare uno spazzolino specifico per l’età. I più grandicelli possono utilizzare anche il filo interdentale . Sarò io stessa, durante le visite, a spiegare a questi ultimi, giocando con loro, come si usano questi strumenti.

Per prevenire l’alitosi, insomma, le basi sono igiene orale, una dieta sana e il consueto controllo periodico in studio 😊

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Denti da squalo

Il titolo di un film uscito di recente (“Denti da squalo”). mi dà occasione di parlarvi una situazione che si può verificare nelle bocche dei nostri bimbi.

Spesso i genitori si allarmano quando si accorgono che i figli hanno i dentini in doppia fila. Sì, proprio come quelli degli squali.

Questa situazione, in realtà, è abbastanza normale, soprattutto durante la transizione dai denti da latte a quelli permanenti.

In genere, i denti permanenti crescono al di sotto dei denti da latte esistenti, spingendoli gradualmente verso l’esterno, consumando la loro radice e causando la loro caduta. Tuttavia, in alcune circostanze, un dente permanente può svilupparsi parallelamente al dente da latte anziché al di sotto di esso. In questo caso, il dente permanente non agisce sul dente da latte, che rimane stabile senza oscillare, creando così la doppia fila.

Ciò accade quando i nuovi denti sono troppo grandi rispetto allo spazio disponibile e cercano una via alternativa.

Cosa fare?

In studio analizzeremo quale di queste tre situazioni si sta verificando:

  • – Se il dente permanente è appena spuntato, è possibile attendere alcuni mesi. Spesso, la pressione esercitata dal nuovo dente farà cadere il dente da latte in modo naturale, e la situazione si risolverà da sola.
  • Se il dente permanente è già cresciuto da un po’ e il dente da latte inizia a muoversi, è possibile aspettare che il processo naturale faccia il suo corso o stimolare il dente da latte in modo che cada autonomamente.
  • Se il dente permanente è cresciuto da diversi mesi, ma il dente da latte è ancora saldo, allora sarà necessario un mio intervento.

In sintesi, questa è una situazione abbastanza comune che non richiede un intervento d’urgenza o preoccupazioni eccessive da parte dei genitori.

Una volta caduto il dente da latte, il dente permanente troverà la sua posizione ideale grazie alla pressione esercitata dalla lingua.

P.S.: L’immagine è tratta dalla locandina del film di cui vi parlavo 🙂

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La prima visita dal dentista – 2

Continuiamo con l’argomento del post precedente. C’è ancora qualche consiglio da dare ai genitori che si preparano alla prima visita dal dentista del loro bambino .

Per esempio:

Evitate di dire al bimbo come comportarsi durante l’appuntamento. No raccomandazioni tipo “non piangere” o “fai il bravo”.

Non pronunciate parole che possano provocare nel bambino inutili timori, come per esempio “male”, “paura”, “dolore”.

Nelle sedute successive, se il bambino deve essere sottoposto a cure dentali è preferibile sostituire termini come “ago”, “puntura”, “siringa”, “trapano” con espressioni particolari che richiamino il significato ma non lo spaventino ( trapano = elicottero, anestetico = gocce di magia).

Informate il bambino riguardo la visita solo qualche giorno prima, senza enfatizzare troppo questo evento.

Non trasmettete al bambino l’ansia che magari avete anche voi quando vi recate dal dentista.

E’ preferibile portare il bambino al primo appuntamento accompagnato da solo un genitore; la presenza di tutti e due i genitori potrebbe indurlo a pensare che sta per affrontare qualcosa di grave.

Ecco qua. Ora siete pronti. Vi aspetto in studio 😊

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La prima visita dal dentista – 1

Molti genitori mi chiedono cosa possono fare per evitare che la prima visita dal dentista del loro bambino si trasformi in un evento traumatico. Molto dipende anche dalla sensibilità di chi opera, quindi è opportuno sincerarsi che l’odontoiatra ami veramente interagire con i bambini (non è difficile scoprirlo in un’epoca di social e recensioni). Prendere qualche ulteriore precauzione è comunque possibile e utile, ecco alcuni consigli.

– Fissare l’appuntamento in giorni tranquilli, in cui il bambino non abbia altri impegni.
– Far indossare al bambino il suo abbigliamento preferito.
– Preparare il bambino alla visita come se fosse il primo giorno di scuola, con positività e serenità, ma soprattutto spiegandogli che il dentista è una figura amica.
– Stare con il bambino durante la prima visita e lasciare che sia lo staff a occuparsi di lui per gli appuntamenti successivi; in questo modo si creerà più facilmente un rapporto di fiducia tra lui e il dentista.
– Effettuare la prima visita quando il bambino non presenta alcun dolore, in modo tale da cominciare con un incontro piacevole e non con una situazione traumatica .
– Fissare la visita dal dentista lontano da altre visite mediche specialistiche.

Altri consigli li troverete nel prossimo post ❤️

Che ne pensate, papà e mamme in ascolto, di queste prime indicazioni? 😊

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I bambini a tavola: aver cura dei denti non basta. Occorre anche sicurezza

Cari genitori,

vi segnalo un’opera che troverete molto utile, soprattutto se avete figli piccoli: il “Nuovo Manuale sulla Sicurezza in Tavola per i bambini”.

Lo pubblica la SIPPS (Società Italiana di pediatria per la prevenzione Pediatrica).

Una panoramica sugli alimenti, sui problemi che possono creare durante la loro assunzione, corredata da tutorial che spiegano le principali manovre da adottare in caso di emergenza.


Il manuale è in formato pdf e si scarica gratuitamente.

Ecco il link:
http://www.sipps.it/pdf/areagenitori/GUIDA_LA_SICUREZZA_A_TAVOLA_del_3_08.pdf

Buona lettura!

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Fatine, topolini e denti da latte

C’è una favola che tramandiamo inossidabile, di generazione in generazione, legata ai dentini che cadono e all’essere magico che se ne appropria.
Il primo dente da latte cade intorno ai sei anni, quando si smette di essere piccoli senza esser ancora grandi, quando alla meraviglia tipica dei bambini si affiancano i primi disincanti, ma ancora si può credere alle favole.
Forse, sotto sotto, il fatto che i nostri bambini partecipino con gioia al rito di nascondere il dente appena caduto sotto il cuscino, affinché il topolino o la fatina lo scambi con una moneta, ci rassicura del fatto che, pur cresciuti, sono ancora i nostri piccolini.
Giorni fa ho aperto una scatola dei ricordi e ho ritrovato il primo dentino da latte di Giulia, con la lettera per il topolino.

Mi ha fatto sorridere ricordare la trattativa fatta con lei per togliere quel pezzetto d’avorio ormai penzolante. E mi sono resa conto che proprio da quel mercanteggiare di allora deriva, oggi, la mia abitudine di dire ai bambini che un dentino estratto vale molto di più di uno che cade da solo. Ed è per questo scrivo io stessa alla fatina lettere di raccomandazione per i miei piccoli pazienti (il caro topolino forse è andato in pensione o forse si è trasferito. Spero di incontrarlo ancora, prima o poi!)

Ricordiamo sempre che, mentre crescono “i denti davanti”, come diceva la canzone dello Zecchino d’oro, compaiono in bocca anche i primi molari permanenti. Sono dei denti furbetti che spuntano di nascosto dietro l’ultimo dente deciduo. Teniamoli d’occhio, perché spesso vengono scambiati per denti da latte.

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Dentisti e bambini

La porta dello studio si apre con un pulsante accanto al citofono. Per non si sa quale difetto a volte il congegno non scatta e il più vicino di noi va ad aprire, modello maggiordomo. Oggi a passare davanti alla porta al momento dello scampanellio c’era la nostra G. con la sua bella divisa blu e bianca, con la cuffietta e la mascherina, smoking eyes e abbronzatura equatoriale. Si è ritrovata davanti A., 6 anni, che l’ha guardata sgranando gli occhi, ha urlato terrorizzata ed è scoppiata a piangere. Per un attimo ho pensato che scoppiasse in un pianto disperato anche la nostra G., tanto le si leggeva in faccia la mortificazione di aver spaventato la bimba.
Il rapporto con i bambini è fatto di piccoli equilibri, basta un piccolo dettaglio per far franare quella che sembra la più solida motivazione. Mi metto seduta accanto a A., le parlo sorridendo e lei mi racconta che ha fatto i vaccini e che il dottore le ha detto “non ti faccio nulla” e invece poi l’ha punta (che traditore!) e per questo ora ha tanta paura. La rassicuro, non ho alcuna intenzione di pungerla e lei si fa convincere a mostrarmi i dentini, non prima di affermare “Però LEI non la voglio”.
G. ci sta guardando da lontanissimo con una faccia avvilita che vien voglia di abbracciarla.
“Per ora andiamo solo noi due, va bene?”
Entrambe mi fanno energicamente di sì con la testa.
A. mi segue, si fa visitare, portandosi dietro un bambolotto che ha bisogno anche lui del dentista. Giochiamo e lei si rilassa. È l’ultimo appuntamento della giornata, G. ha tolto la divisa e si affaccia alla porta vestita normalmente, la invito ad entrare. Lei si rivolge ad A.: “Scusa se ti ho spaventato, è la prima volta che mi succede”.
Poi il miracolo, di quelli che sanno fare i bambini, accoglienti ed empatici: A. salta giù dalla poltrona e corre ad abbracciarla.
Rimangono un attimo, così strette, sorridendo.
Ben fatto: “Siamo una squadra fortissimi”!

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Tu provaci che poi vediamo

M. ha quattro anni, ed è un bambino speciale. Ci vediamo una volta a settimana perché apprenda la routine delle cure. Ha delle carie, non ama essere toccato, odia i condizionatori, e talvolta morde.
È un bambino molto bello e ama l’inglese. Non mi guarda mai, ma è attento a tutto quello che dico. Abbiamo fatto delle sedute di ozonoterapia: sceglie il becco del pulcino (la cappetta del manipolo) per colore: “green” per i piccoli incisivi, “blue” e “purple” per i molaretti. Mi ha permesso di sigillare le piccole carie e, piano piano, cerco di fargli conoscere tutti gli strumenti per proseguire e terminare le cure. D’accordo con la mamma, oggi ho provato a fargli vedere il micromotore, il trapanino lento, quello che con i bambini chiamo la trottolina. Prima lo aziono per fargli sentire il rumore, poi gli chiedo se vuole provarlo, stacca gli occhi dall’iphone e mi porge la mano della mamma.
-Ok, prova prima mamma, poi tu.
Faccio ruotare la punta sull’unghia della mamma.
-Ora tocca a te.
Con la manina, mi allontana. Provo a prendergli la mano e rinnovo l’invito. Si divincola stizzito, mi volta le spalle e inizia a piangere.
-Va bene, ho capito, non vuoi provarlo. Lo proverai la prossima volta.
Smette di piangere. Si rimette seduto dritto e con lo sguardo all’orizzonte mi risponde:
– AUGURI!
Io e sua madre scoppiamo a ridere, rimandando tutto alla seduta successiva.
Questo è il mio lavoro: bisogna anche saper aspettare.
I bambini hanno bisogno di tempo e non tutti, non solo in campo medico, sono disposti a concederglielo.
Perché il tempo di ognuno è prezioso, per questo si fa fatica a donarlo.
M. ora sa che sono disposta ad attendere.

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Informazione odontoiatrica e prevenzione

La dottoressa dei bambini parla dell'informazione odontoiatrica sul web

Diciamoci la verità, io di pc, internet e comunicazione virtuale ci capisco poco. Ho sempre preferito le relazioni personali, occhi negli occhi, misurando le reazioni, i gesti che accompagnano le parole…
Ragiono su un’idea: offrire pillole di informazione odontoiatrica sul web, domande e risposte, un discorso semplice, ma incisivo.
Mi dico: “Ma in rete queste cose ci sono già, basta cercare su Google”.
Sì, è vero. Ma è anche vero che, nel mio lavoro, spesso mi rendo conto che l’effettiva fruizione di queste informazioni, da parte dei pazienti, non è così scontata.
Forse dipende dal fatto che le notizie sono troppe e a volte discordanti. Chiunque può scrivere, chiunque può dire la sua e alla fine nessuno dice nulla.
Mi capita spessissimo che i bimbi arrivino a studio solo quando hanno un problema di cui i genitori possono accorgersi, tipo un mal di denti, o denti che spuntano storti, o dentini che non cascano. Eppure Google è pieno di inviti a portare i bambini a visita molto presto, intorno all’anno di età.
Mi capita spessissimo di constatare che i genitori non sanno che nella bocca del figlio di sei anni, oltre agli incisivi che hanno visto cadere e rispuntare, ci sono anche i primi molari permanenti, che trovo talvolta già cariati…
“Ma non sono denti da latte?” mi chiedono, stupiti.
No! Sono permanenti. Eppure, su Google, questa informazione si trova.
Mi capita spessissimo di spiegare ai genitori che i bambini dovrebbero spazzolare i denti sotto la loro supervisione, che lo spazzolino a setole morbidissime da neonato va abbandonato abbastanza presto, che la quantità di dentifricio deve essere minima, che i piccoli possono non risciacquare (anzi, se non lo fanno è meglio), che il fluoro contenuto nel dentifricio non è tossico, che dopo aver lavato i denti la sera non si mangia più e non si beve che acqua, che anche i bimbi devono utilizzare il filo interdentale e che quando non riescono a farlo il compito di passarlo spetta a mamma o a papà, che i figli imparano imitando e che non basta dire loro “vai a lavarti i denti”…
Eppure Google le dice queste cose e dice anche che i denti da latte andrebbero curati (benché ci sia ancora qualche pediatra convinto del contrario).
Com’è possibile, dunque, che io mi ritrovi, più volte al giorno, a ripetere tutte queste informazioni?
La prevenzione è la mia regola aurea, il mio primo comandamento e penso che, se anche sapessi curare ogni dente di ogni bambino, se anche avessi nelle mani la soluzione di ogni problema dentale di ogni piccolo paziente, come odontoiatra pediatrico avrei comunque fallito, perchè il mio obiettivo ogni mattina, quando mi appresto ad andare a lavoro, è fare del mio meglio perchè…non debba lavorare! 🙂

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Faccio odontoiatria pediatrica… non pratico la tortura


F. ha quattro anni e mezzo, viene in visita inviato dal pediatra perché ha dolore (alla buon’ora, visto che ha tutti i molaretti cariati! 🙁  ).
Il piccolo si dimostra subito un osso duro, è diffidente e furbetto, alterna momenti di misurata collaborazione a momenti di gioiosa, totale chiusura.
E’ un bambino sicuro, non piange, abituato a mercanteggiare. Quando cerco di metterlo alle strette, si gira verso la mamma con occhioni cuccioli e con una vocetta flebile le fa:
-Ma io non voglio…
Riusciamo, comunque, a fare una visita decente e anche una radiografia ai dentini che fanno male.
Alla mamma hanno detto che a quest’età i bambini vengono curati solo in anestesia generale.
Certo, è una delle possibilità, ma non è detto che sia l’unica.
Le spiego il piano terapeutico, le priorità, le varie possibilità di cura, dall’approccio psicologico alla sedazione cosciente, le difficoltà che potremmo incontrare.
Facciamo una lunga conversazione sulle abitudini alimentari, sull’igiene orale, cerchiamo di capire insieme cosa si deve migliorare.
Il piccolo, intanto, ci guarda sornione, poi mi porta un pupazzo da visitare:
-Come si chiama lui?
-Scrat
-Eh…ma come si chiama?
-Scrat. Il suo nome è Scrat.
-Ah…E come si chiama?
-Come lo vuoi chiamare?
-SCOIATTOLOOOO.
Visitiamo insieme Scoiattolo e poi lo congedo.
Durante il primo appuntamento, F. conferma la prima impressione: è davvero un tipetto tosto.
La mamma appare un po’ sconsolata e mi racconta che la sera prima ne ha parlato con degli amici, i quali le hanno detto:
-Perchè non lo porti dal Dott.XXX? Ha due assistenti che lo immobilizzano e te lo cura.
Ah ecco! Per curare i bambini bastano due assistenti nerborute che li immobilizzino.
Al caro Dott. XXX vorrei dire che in realtà neanche servono le due assistenti, perchè esistono, volendo, dei sistemi di immobilizzazione con cinghie.
Però vorrei anche chiedergli come pensa di far sedere la seconda volta il bambino in poltrona, visto che di denti da curare ne ha almeno otto e poi vorrei chiedergli come si sente con la sua coscienza al pensiero che una certa percentuale di bambini trattati in questo modo sviluppa una forma di fobia odontoiatrica che potrebbe pregiudicarne per sempre lo stato di salute?
E già che ci sono vorrei chiedere agli amici della Signora se davvero pensano che immobilizzare un bambino per curare delle carie, con tutto quello che ne deriva in dolore e paura, sia una strada percorribile e da consigliare?
E per non lasciare fuori nessuno, vorrei anche chiedere ai pediatri che inviano i bambini dal dentista solo dopo che i denti iniziano a fare male, se non si sentono complici di un tale scempio.
Qui non parliamo del pianto, i bambini piangono anche solo per paura o frustrazione. Parliamo di prendere un bambino, tenerlo seduto con la forza, aprirgli la bocca con la forza, tenerlo immobile e fargli l’anestesia, usare strumenti rotanti, fare delle otturazioni…con la forza.
Alla mamma che ha difeso la sua scelta di portare il figlio da me, che faccio odontoiatria pediatrica e non tortura, vorrei dire:
-Coraggio, ce la faremo.
E se proprio non ce la faremo con le buone, allora sì, piuttosto, lo facciamo dormire…
Altro che assistenti che immobilizzano…
Ma pensa te…
Perchè non le teste di cuoio o la SWAT a questo punto?

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Cosa significa odontoiatria speciale…

Quando arrivo al blocco operatorio, di G. vedo solo una testolina di capelli scuri e la mamma chinata su di lei ad abbracciarla. Alle loro spalle, il padre, dritto e a braccia conserte, sembra un arcangelo severo.
L’oliata e rapida macchina sanitaria strappa il lettino all’abbraccio della mamma, che fa un balzo in avanti, come a voler dare un altro bacio. Poi ci ripensa, intimorita, e si ferma.
Cerco il suo sguardo e lei mi sussurra: “Non lasciatela sola”.
Ha le lacrime agli occhi ed io lo so che in realtà vuol dire: “Non ti lascio sola. Andrò dove andrai tu, sarò dove sarai tu”.
Lo so perché è la stessa, identica cosa che ho pensato anch’io quando ho lasciato mia figlia agli anestesisti. Le avevano detto “Saluta la mamma”, le ho fatto una carezza leggera sulla fronte e le ho dato un bacio: “Ci vediamo dopo”, lei mi ha sorriso ed io ho pianto tutte le mie lacrime.
Le porte si chiudono dietro di noi, da dietro il vetro la mamma ancora mi parla scandendo bene perché io possa leggere le labbra: “Possiamo aspettare qui?”.
Le faccio cenno di sì, con la testa, e non ho nessun dubbio che, finite le cure, li ritroverò esattamente lì.
G. è spaventata, le parlo piano, sorrido, ma davvero ho un nodo in gola, perché assomiglia in modo impressionante a mia figlia e la sua mamma, là fuori, sono praticamente io.
Le sorrido, le prendo la mano fragile e lei me la stringe con forza. Si lamenta piano.
Sfioro il suo braccialetto, di quelli colorati di cotone, e le dico: “Che bello! E’ il braccialetto dell’amicizia?”
E lei, nonostante la paura, schiude la bocca in un sorriso e lo regala a questa dottoressa scema, esattamente come avrebbe fatto Giulia, perché l’amicizia, dopo mamma e papà, è quella cosa che ti riempie il cuore anche quando hai paura.
No che non ti lascio sola.

P.S.: L’intervento è andato bene. Dopo il risveglio, al controllo prima delle dimissioni io e G. ci siamo date appuntamento perché mi deve far conoscere il suo innamorato… Ma guai se glielo tocco! 🙂

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Come funziona la Diagnocam

Tanti genitori mi chiedono se le radiografie sono necessarie. Alcune lo sono, per fare diagnosi o controllare il lavoro svolto, ma le nuove tecnologie ci aiutano ridurre al minino l’esposizione alle radiazioni. La Diagnocam è uno strumento che permette di fare diagnosi di carie usando i raggi laser (siamo spaziali!). Facilissima da usare, piace tanto ai bambini! In questo filmato vi faccio vedere come funziona 🙂

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Il sorriso di M.

M. è una bambina bellissima, ha tre anni e mezzo e non sorride mai mostrando i denti, neanche se glielo chiedi per favore. Quello che porta in giro per il mondo è un sorriso a labbra serrate, perché a scuola la prendono in giro per i suoi «dentini marci».
I bambini, si sa, sanno essere spietati. Meravigliosi, ma spietati.
M. ha solo tre anni e vuole i denti belli, con una motivazione da adulta, sopporta tutte le cure con pazienza (adulti, inchinatevi!): devitalizzazioni, otturazioni e finalmente la ricostruzione di quei dentini davanti che la fanno tanto soffrire.
Finito il lavoro, la porto davanti allo specchio e lei si osserva con aria critica che fa tenerezza.
Poi, il miracolo che riempie di lacrime gli occhi di mamma e di orgoglio il mio.
Salta, balla, batte le manine, inondando lo studio di luce…e sorride.
Finalmente sorride.

Egina Gnoni

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Pediatri e odontoiatri

Sono i medici che si occupano delle persone che più amiamo, i nostri figli, sempre presenti e disponibili ad accogliere anche le nostre paure di genitori.
Il pediatra di mia figlia è, per esempio, un medico eccezionale e una persona meravigliosa.
Sono sicura che chi fa questo mestiere è animato da passione a amore verso i bambini…
E allora perchè, mi chiedo, perchè è così difficile talvolta interloquire con loro in ambito odontoiatrico?
Perchè mi ritrovo in studio bambini ai cui genitori è stato consigliato di attendere a curare i denti da latte, per poi candidarli alle cure in anestesia generale?
Non è più facile, invece di attendere, avviare tutti i bambini ai controlli routinari dai 18-24 mesi, esattamente come prescrivono le Linee Guida e le nuove Raccomandazioni Cliniche, e fare un percorso serio di PREVENZIONE?
Il mio è il lavoro più bello del mondo, non può e non deve essere solo gestire le emergenze, e fare i salti mortali per trattare bambini inavvicinabili per il dolore, cercando al contempo di gestire genitori stanchi e confusi da informazioni a volte discordanti.
Quindi, miei cari (spero pochi) pediatri disattenti, sappiate che se dovrò scardinare le vostre convinzioni, non mi tirerò indietro e non vi darò tregua.
A tutti gli altri, amorevoli e sempre aggiornati, che conoscono l’efficacia dei nuovi approcci pedodontici e si pongono in maniera sinergica e sempre positiva, va il mio ringraziomento come odontoiatra e la mia stima come mamma.

Egina Gnoni

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Prima Giornata Nazionale dell’Odontoiatria Speciale

Special care, la chiamano: attenzione, cura particolare.
Ospedale. Primo giorno di volontariato.
La collega a cui ero stata affiancata stava inserendo L., sette anni, diagnosi tetraparesi e ritardo cognitivo, in lista d’attesa per una bonifica in anestesia generale.
– Dopo chi si occuperà di lui?- le chiesi
– In che senso?
– Chi lo seguirà? Chi istruirà i genitori? Chi farà la prevenzione?
La rampante, giovane dottoressa scrollò le spalle sprezzante e, ignara, mi rispose:
-Ma che je voi di’ a sti genitori? E’ gente che s’ammala dietro ai fiji.
S’é trovata di fronte Ortro bicefalo, povera cara: dentista e mamma di disabile. Non le poteva andare peggio!
Si chiudeva così, con una colossale arrabbiatura, il mio primo tentativo di diventare una “dentista speciale”.
Fortunatamente, mi sono poi imbattuta in persone straordinarie ed appassionate, che dedicano impegno, tempo, risorse ed energia per dare risposte concrete e durature, creando percorsi virtuosi, dottori capaci di far crescere, coinvolgere e fare rete.
La SIOH, Società Italiana di Odontoiatria per l’Handicap, è l’espressione di tutto ciò.
Oggi è la Prima Giornata Nazionale dell’Odontoiatria Speciale ed io la dedico a tutti i bambini speciali che ho incontrato e curato e ai loro granitici genitori.
E la dedico alla mia Giulia, splendida ragazza specialissima, che è arrivata e ha scombinato tutte le carte, e, invece di farmi ammalare, mi ha insegnato a sorridere di più, a vivere di più, a non temere quasi nulla, a esser forte e non arrendermi mai.

Egina Gnoni

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Il gioco del pappagallo

La prima volta viene con la mamma.
Si guarda intorno spaventato e, appena lo saluto, scoppia a piangere.
Cerco di coinvolgerlo, gli spiego cosa faremo, e lui fissa implorante la madre, sperando forse che lo prenda in braccio e si dia alla fuga.
Ogni tanto, però, mi guarda di sfuggita, so che sta ascoltando.
Gli spiego le regole: qui comandano i bambini, la tua mano sinistra è la mano del potere…
Mi guarda diffidente, ma almeno ha smesso di piangere.
Gli mostro gli strumenti, e mi permette di guardare i denti con lo specchietto: ha una fistola, dovremo fare una terapia canalare.
Intanto continuo a mostrargli gli strumenti, gli scompiglio i capelli con la siringa dell’aria, ride, gli faccio provare lo spray dell’acqua.
– I miei strumenti sparano tutti un sacco d’acqua, perchè i vermetti dei denti la odiano. Per non fartela bere tutta, noi la succhiamo con una speciale cannuccia.
Indico l’aspirasaliva, ma anche se lo avverto del rumore, si spaventa e ricomincia a piangere.
Fra i singhiozzi ammette disperato che ha “troppa, troppa paura”.
– Facciamo il gioco del pappagallo?
Mi guarda incuriosito
– Tu prendi questa cannuccia, io prendo l’altra. Tu guardi, poi ripeti quello che faccio. Se lo faccio anch’io non sarà così terribile no? Sei pronto?
Mettiamo l’aspirasaliva sulla lingua, poi sotto, poi sulla guancia, poi “chiudi la bocca come per bere una bibita”, le guance vibrano e lui scoppia a ridere.
Alla fine, dopo una lunga spiegazione sul funzionamento dell’ortopantomografo, riusciamo a fare anche la radiografia panoramica.

La seconda volta viene con il papà.
Dobbiamo iniziare la cura, ma non vuole saperne di aprire la bocca perchè ha di nuovo “troppa,troppa paura”.
Di nuovo lacrime, di nuovo singhiozzi…questa volta le spiegazioni sembrano non aver alcun effetto.
– Facciamo una pausa. Fuori c’è una bambina che sta aspettando di fare la visita, come te l’altra volta. Se lei è d’accordo, ti va di aiutarmi a spiegarle in che consiste?
Andiamo in sala d’aspetto a chiamarla. Mi presento. Lo presento.
– Può restare con noi?
La bambina accetta dubbiosa e si lascia accompagnare alla poltrona da un piccolo cavaliere di otto anni!
Lui la rassicura, le descrive tutti gli strumenti, anche l’aspirasaliva “che fa solo rumore” e dice che anche lui ha fatto la radiografia.
Le dice che prima aveva “un po’ paura”, ma che ora “no, non ne ha più”.
– Dottoressa?
– Dimmi.
-Posso fare il gioco del pappagallo con la mia amica?
Mentre parlo con i genitori della bimba, guardo i due ragazzini che, ridendo, fanno un giro di giostra con gli aspirasaliva.
Quando la bambina va via, gli chiedo “Allora, lo vogliamo pulire un pochetto questo dentino?”
– Mi prometti che quando alzo la mano, ti fermi e che fai piano?
– Certo, te lo prometto.
Non ha più pianto ed alla fine, al momento di salutarci, quando mi sono chinata verso di lui per complimentarmi, mi ha abbracciata.
In quel sorriso, in quell’abbraccio, nell’attimo di esitazione che li ha divisi, in quella decisione improvvisa e spontanea di regalarmi fiducia e affetto sta tutta la differenza fra essere una dentista e essere la dentista dei bambini.

Egina Gnoni