M. ha quattro anni, ed è un bambino speciale. Ci vediamo una volta a settimana perché apprenda la routine delle cure. Ha delle carie, non ama essere toccato, odia i condizionatori, e talvolta morde.
È un bambino molto bello e ama l’inglese. Non mi guarda mai, ma è attento a tutto quello che dico. Abbiamo fatto delle sedute di ozonoterapia: sceglie il becco del pulcino (la cappetta del manipolo) per colore: “green” per i piccoli incisivi, “blue” e “purple” per i molaretti. Mi ha permesso di sigillare le piccole carie e, piano piano, cerco di fargli conoscere tutti gli strumenti per proseguire e terminare le cure. D’accordo con la mamma, oggi ho provato a fargli vedere il micromotore, il trapanino lento, quello che con i bambini chiamo la trottolina. Prima lo aziono per fargli sentire il rumore, poi gli chiedo se vuole provarlo, stacca gli occhi dall’iphone e mi porge la mano della mamma.
-Ok, prova prima mamma, poi tu.
Faccio ruotare la punta sull’unghia della mamma.
-Ora tocca a te.
Con la manina, mi allontana. Provo a prendergli la mano e rinnovo l’invito. Si divincola stizzito, mi volta le spalle e inizia a piangere.
-Va bene, ho capito, non vuoi provarlo. Lo proverai la prossima volta.
Smette di piangere. Si rimette seduto dritto e con lo sguardo all’orizzonte mi risponde:
– AUGURI!
Io e sua madre scoppiamo a ridere, rimandando tutto alla seduta successiva.
Questo è il mio lavoro: bisogna anche saper aspettare.
I bambini hanno bisogno di tempo e non tutti, non solo in campo medico, sono disposti a concederglielo.
Perché il tempo di ognuno è prezioso, per questo si fa fatica a donarlo.
M. ora sa che sono disposta ad attendere.
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Informazione odontoiatrica e prevenzione
Diciamoci la verità, io di pc, internet e comunicazione virtuale ci capisco poco. Ho sempre preferito le relazioni personali, occhi negli occhi, misurando le reazioni, i gesti che accompagnano le parole…
Ragiono su un’idea: offrire pillole di informazione odontoiatrica sul web, domande e risposte, un discorso semplice, ma incisivo.
Mi dico: “Ma in rete queste cose ci sono già, basta cercare su Google”.
Sì, è vero. Ma è anche vero che, nel mio lavoro, spesso mi rendo conto che l’effettiva fruizione di queste informazioni, da parte dei pazienti, non è così scontata.
Forse dipende dal fatto che le notizie sono troppe e a volte discordanti. Chiunque può scrivere, chiunque può dire la sua e alla fine nessuno dice nulla.
Mi capita spessissimo che i bimbi arrivino a studio solo quando hanno un problema di cui i genitori possono accorgersi, tipo un mal di denti, o denti che spuntano storti, o dentini che non cascano. Eppure Google è pieno di inviti a portare i bambini a visita molto presto, intorno all’anno di età.
Mi capita spessissimo di constatare che i genitori non sanno che nella bocca del figlio di sei anni, oltre agli incisivi che hanno visto cadere e rispuntare, ci sono anche i primi molari permanenti, che trovo talvolta già cariati…
“Ma non sono denti da latte?” mi chiedono, stupiti.
No! Sono permanenti. Eppure, su Google, questa informazione si trova.
Mi capita spessissimo di spiegare ai genitori che i bambini dovrebbero spazzolare i denti sotto la loro supervisione, che lo spazzolino a setole morbidissime da neonato va abbandonato abbastanza presto, che la quantità di dentifricio deve essere minima, che i piccoli possono non risciacquare (anzi, se non lo fanno è meglio), che il fluoro contenuto nel dentifricio non è tossico, che dopo aver lavato i denti la sera non si mangia più e non si beve che acqua, che anche i bimbi devono utilizzare il filo interdentale e che quando non riescono a farlo il compito di passarlo spetta a mamma o a papà, che i figli imparano imitando e che non basta dire loro “vai a lavarti i denti”…
Eppure Google le dice queste cose e dice anche che i denti da latte andrebbero curati (benché ci sia ancora qualche pediatra convinto del contrario).
Com’è possibile, dunque, che io mi ritrovi, più volte al giorno, a ripetere tutte queste informazioni?
La prevenzione è la mia regola aurea, il mio primo comandamento e penso che, se anche sapessi curare ogni dente di ogni bambino, se anche avessi nelle mani la soluzione di ogni problema dentale di ogni piccolo paziente, come odontoiatra pediatrico avrei comunque fallito, perchè il mio obiettivo ogni mattina, quando mi appresto ad andare a lavoro, è fare del mio meglio perchè…non debba lavorare! 🙂
Cosa significa odontoiatria speciale…
Quando arrivo al blocco operatorio, di G. vedo solo una testolina di capelli scuri e la mamma chinata su di lei ad abbracciarla. Alle loro spalle, il padre, dritto e a braccia conserte, sembra un arcangelo severo.
L’oliata e rapida macchina sanitaria strappa il lettino all’abbraccio della mamma, che fa un balzo in avanti, come a voler dare un altro bacio. Poi ci ripensa, intimorita, e si ferma.
Cerco il suo sguardo e lei mi sussurra: “Non lasciatela sola”.
Ha le lacrime agli occhi ed io lo so che in realtà vuol dire: “Non ti lascio sola. Andrò dove andrai tu, sarò dove sarai tu”.
Lo so perché è la stessa, identica cosa che ho pensato anch’io quando ho lasciato mia figlia agli anestesisti. Le avevano detto “Saluta la mamma”, le ho fatto una carezza leggera sulla fronte e le ho dato un bacio: “Ci vediamo dopo”, lei mi ha sorriso ed io ho pianto tutte le mie lacrime.
Le porte si chiudono dietro di noi, da dietro il vetro la mamma ancora mi parla scandendo bene perché io possa leggere le labbra: “Possiamo aspettare qui?”.
Le faccio cenno di sì, con la testa, e non ho nessun dubbio che, finite le cure, li ritroverò esattamente lì.
G. è spaventata, le parlo piano, sorrido, ma davvero ho un nodo in gola, perché assomiglia in modo impressionante a mia figlia e la sua mamma, là fuori, sono praticamente io.
Le sorrido, le prendo la mano fragile e lei me la stringe con forza. Si lamenta piano.
Sfioro il suo braccialetto, di quelli colorati di cotone, e le dico: “Che bello! E’ il braccialetto dell’amicizia?”
E lei, nonostante la paura, schiude la bocca in un sorriso e lo regala a questa dottoressa scema, esattamente come avrebbe fatto Giulia, perché l’amicizia, dopo mamma e papà, è quella cosa che ti riempie il cuore anche quando hai paura.
No che non ti lascio sola.
P.S.: L’intervento è andato bene. Dopo il risveglio, al controllo prima delle dimissioni io e G. ci siamo date appuntamento perché mi deve far conoscere il suo innamorato… Ma guai se glielo tocco! 🙂
Come funziona la Diagnocam
Tanti genitori mi chiedono se le radiografie sono necessarie. Alcune lo sono, per fare diagnosi o controllare il lavoro svolto, ma le nuove tecnologie ci aiutano ridurre al minino l’esposizione alle radiazioni. La Diagnocam è uno strumento che permette di fare diagnosi di carie usando i raggi laser (siamo spaziali!). Facilissima da usare, piace tanto ai bambini! In questo filmato vi faccio vedere come funziona 🙂