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Tu provaci che poi vediamo

M. ha quattro anni, ed è un bambino speciale. Ci vediamo una volta a settimana perché apprenda la routine delle cure. Ha delle carie, non ama essere toccato, odia i condizionatori, e talvolta morde.
È un bambino molto bello e ama l’inglese. Non mi guarda mai, ma è attento a tutto quello che dico. Abbiamo fatto delle sedute di ozonoterapia: sceglie il becco del pulcino (la cappetta del manipolo) per colore: “green” per i piccoli incisivi, “blue” e “purple” per i molaretti. Mi ha permesso di sigillare le piccole carie e, piano piano, cerco di fargli conoscere tutti gli strumenti per proseguire e terminare le cure. D’accordo con la mamma, oggi ho provato a fargli vedere il micromotore, il trapanino lento, quello che con i bambini chiamo la trottolina. Prima lo aziono per fargli sentire il rumore, poi gli chiedo se vuole provarlo, stacca gli occhi dall’iphone e mi porge la mano della mamma.
-Ok, prova prima mamma, poi tu.
Faccio ruotare la punta sull’unghia della mamma.
-Ora tocca a te.
Con la manina, mi allontana. Provo a prendergli la mano e rinnovo l’invito. Si divincola stizzito, mi volta le spalle e inizia a piangere.
-Va bene, ho capito, non vuoi provarlo. Lo proverai la prossima volta.
Smette di piangere. Si rimette seduto dritto e con lo sguardo all’orizzonte mi risponde:
– AUGURI!
Io e sua madre scoppiamo a ridere, rimandando tutto alla seduta successiva.
Questo è il mio lavoro: bisogna anche saper aspettare.
I bambini hanno bisogno di tempo e non tutti, non solo in campo medico, sono disposti a concederglielo.
Perché il tempo di ognuno è prezioso, per questo si fa fatica a donarlo.
M. ora sa che sono disposta ad attendere.

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Prima Giornata Nazionale dell’Odontoiatria Speciale

Special care, la chiamano: attenzione, cura particolare.
Ospedale. Primo giorno di volontariato.
La collega a cui ero stata affiancata stava inserendo L., sette anni, diagnosi tetraparesi e ritardo cognitivo, in lista d’attesa per una bonifica in anestesia generale.
– Dopo chi si occuperà di lui?- le chiesi
– In che senso?
– Chi lo seguirà? Chi istruirà i genitori? Chi farà la prevenzione?
La rampante, giovane dottoressa scrollò le spalle sprezzante e, ignara, mi rispose:
-Ma che je voi di’ a sti genitori? E’ gente che s’ammala dietro ai fiji.
S’é trovata di fronte Ortro bicefalo, povera cara: dentista e mamma di disabile. Non le poteva andare peggio!
Si chiudeva così, con una colossale arrabbiatura, il mio primo tentativo di diventare una “dentista speciale”.
Fortunatamente, mi sono poi imbattuta in persone straordinarie ed appassionate, che dedicano impegno, tempo, risorse ed energia per dare risposte concrete e durature, creando percorsi virtuosi, dottori capaci di far crescere, coinvolgere e fare rete.
La SIOH, Società Italiana di Odontoiatria per l’Handicap, è l’espressione di tutto ciò.
Oggi è la Prima Giornata Nazionale dell’Odontoiatria Speciale ed io la dedico a tutti i bambini speciali che ho incontrato e curato e ai loro granitici genitori.
E la dedico alla mia Giulia, splendida ragazza specialissima, che è arrivata e ha scombinato tutte le carte, e, invece di farmi ammalare, mi ha insegnato a sorridere di più, a vivere di più, a non temere quasi nulla, a esser forte e non arrendermi mai.

Egina Gnoni