Quando arrivo al blocco operatorio, di G. vedo solo una testolina di capelli scuri e la mamma chinata su di lei ad abbracciarla. Alle loro spalle, il padre, dritto e a braccia conserte, sembra un arcangelo severo.
L’oliata e rapida macchina sanitaria strappa il lettino all’abbraccio della mamma, che fa un balzo in avanti, come a voler dare un altro bacio. Poi ci ripensa, intimorita, e si ferma.
Cerco il suo sguardo e lei mi sussurra: “Non lasciatela sola”.
Ha le lacrime agli occhi ed io lo so che in realtà vuol dire: “Non ti lascio sola. Andrò dove andrai tu, sarò dove sarai tu”.
Lo so perché è la stessa, identica cosa che ho pensato anch’io quando ho lasciato mia figlia agli anestesisti. Le avevano detto “Saluta la mamma”, le ho fatto una carezza leggera sulla fronte e le ho dato un bacio: “Ci vediamo dopo”, lei mi ha sorriso ed io ho pianto tutte le mie lacrime.
Le porte si chiudono dietro di noi, da dietro il vetro la mamma ancora mi parla scandendo bene perché io possa leggere le labbra: “Possiamo aspettare qui?”.
Le faccio cenno di sì, con la testa, e non ho nessun dubbio che, finite le cure, li ritroverò esattamente lì.
G. è spaventata, le parlo piano, sorrido, ma davvero ho un nodo in gola, perché assomiglia in modo impressionante a mia figlia e la sua mamma, là fuori, sono praticamente io.
Le sorrido, le prendo la mano fragile e lei me la stringe con forza. Si lamenta piano.
Sfioro il suo braccialetto, di quelli colorati di cotone, e le dico: “Che bello! E’ il braccialetto dell’amicizia?”
E lei, nonostante la paura, schiude la bocca in un sorriso e lo regala a questa dottoressa scema, esattamente come avrebbe fatto Giulia, perché l’amicizia, dopo mamma e papà, è quella cosa che ti riempie il cuore anche quando hai paura.
No che non ti lascio sola.
P.S.: L’intervento è andato bene. Dopo il risveglio, al controllo prima delle dimissioni io e G. ci siamo date appuntamento perché mi deve far conoscere il suo innamorato… Ma guai se glielo tocco! 🙂